- Ed io rincaro osservando, che non si trattava di caso atroce.
- Giustissima considerazione, soggiunse il vecchio Luciani, sentendo quasi rimorso per non averla aggiunta al suo discorso.
Il Luciani, secondo la giustizia di cotesti tempi, aveva ragione da vendere. Pur troppo la giustizia di oggi pare ingiustizia domani; anzi da un luogo all'altro essa muta, e tale si condanna a Firenze, che si assolve a Parigi. Di questo non vogliono rendersi capaci gli uomini che giudicano: e sì che se vi pensassero sopra ventiquattro ore del giorno non sarebbe abbastanza. Il Moscati non trovò da opporre cosa, che valesse; onde, abbassati gli occhi, ordinò:
- Conducasi la prigioniera Beatrice Cènci.
E venne condotta. Circondata da molta mano di sbirri, e fatta subito voltare con la faccia al banco dei giudici, ella non vide gli arnesi lugubri di cui era ingombra la sala. Gli astanti appuntarono cupidissimamente gli occhi in lei; e, percossi dalla sembianza divina, pensarono tutti come mai tanta perversità di mente potesse accompagnarsi con bellezza sì portentosa di forma. Tutti così pensarono, tranne due soli, i quali ebbero il coraggio di sospettarla innocente: e questi due furono il giudice Moscati, e il giustiziere Alessandro.
Il notaro Ribaldella prese tosto ad interrogarla intorno alle sue qualità, ed ella rispose nè timida, nè proterva, come conviene a persona che senta la dignità della propria innocenza.
- Deferite il giuramento: ordinò il Moscati.
E il Ribaldella, impugnato il Cristo con tale un garbo, che parve piuttosto volerglielo dare sul capo, che presentarglielo per compire un rito solenne, disse:
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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa 1854
pagine 814 |
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