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      - Ahimè!
      E parve questo uno di quei sospiri, che rompono il cuore che lo esalò. Beatrice allora volse gli occhi, e vide quello che non aveva scorto prima, lo apparecchio degli arnesi infernali, e rabbrividì dal capo alle piante. A piè d'una forca stava Marzio, o piuttosto l'ombra di Marzio: la pelle gli s'informava dalle ossa, e, se togli gli occhi vitrei, ogni altra parte del corpo pareva morta in lui; avresti detto che lo avessero tratto colà per ispirarvi l'anima: egli tentò muoversi per gittarsi ai piedi di Beatrice, ma non potè mutar passo, e cadde su la faccia stramazzone per terra. Beatrice stette a considerarlo un istante bieca negli occhi; il piede irrequieto fece atto di calpestarlo; ma di subito l'ira le si converse in pietà, e chinò le braccia per sovvenirlo a rilevarsi.
      - Dunque, con un filo di voce favellò Marzio, mia dolce signora, sono io sempre degno della vostra pietà? O signora Beatrice, abbiatemi compassione per lo amore di Dio; chè io sono misero... misero... ma misero assai.
      - Marzio, perchè mai mi avete accusata? Che cosa vi ho io fatto, onde anche voi vi siate congiurato con gli altri per tormi la fama?
      - Ah! conosco tardi la mano divina che mi percuote; tardi, che la innocenza sola può darci contentezza: io tenni altra strada, ed ecco mi trovo ad avere fabbricato, con la mia, l'altrui rovina: e di me pazienza; ma di tanti altri innocenti... oh!... Io ammazzai Olimpio temendo che la sfacciata scelleraggine di costui non vi offendesse, e mi è riuscito il contrario.


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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





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