- Basta, ordinò severamente il Moscati; io regolo il processo: la seduta è chiusa; - e mosse per uscire.
Il notaro Grifo, vinto dal costume, si trattenne alquanto per nettare le penne; e ripostele frettoloso in bell'ordine, corse dietro ai giudici dicendo:
- Adesso terminerò raccontarvi, com'io acquistassi la tabacchiera del signor Duca di Guisa...
Beatrice, bianca come un lenzuolo da morto, tentennò per cadere; le labbra le diventarono pagonazze, e gli occhi suoi tremolarono smarriti; indi a breve scosse il capo, e lo rialzò a guisa di albero piegato dal remolino che passa; poi animosa andò incontro al cadavere di Marzio, gli stette davanti, lo guardò fisso, e favellò:
- Sciagurato! Tu non hai potuto salvarmi; ma ti perdono, e supplico Dio che ti perdoni. Tu hai peccato molto; ma hai amato, e patito anche molto. Tu non vivesti alla virtù, ma sei perito per la verità. Io t'invidio... chè la mia vita è tale, da portare invidia ai morti(152). Adesso non posso dimostrarti l'amor mio (e sì dicendo stese lo indice e il pollice, li soprappose ai cigli del morto e gli chiuse gli occhi, ch'egli teneva sempre aperti in molto terribile maniera; poi trasse un pannolino e gli asciugò le labbra dalla bava sanguigna) in altro modo, che rendendoti questo ultimo ufficio, e te lo rendo di cuore. - Ciò detto si volse ai custodi, e con fermo sembiante riprese: ora torniamo al carcere.
Ma il fitto ribrezzo delle carni palesava la tremenda commozione dell'anima sua: le gambe le tremavano sotto, e ad ogni passo incespava per cadere.
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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa 1854
pagine 814 |
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