- Questa, che vuolsi estimare e commendare bontà egregia di suddito, sarebbe ripresa come durezza nel Principe; il quale non può patire che il magistrato fedele si logori nella fatica finchè diventi pianta infracidita, buona solo a farne fuoco: anche i Romani, che furono sì operosi, com'ella dottissimo non ignora, quando giungevano a quella parte di vita, da loro distinta col nome di senio, senza infamia potevano ritirarsi dai pubblici negozi; verso sera ogni animale, che vive in terra, cessa dalle opere.
- Ed anche a me, Eminentissimo, piacerebbe seguitare lo usato tenore di tutte le creature; non già per riposarmi, chè a riposare tempo ne avanza anche troppo nel sepolcro; bensì per apparecchiarmi con la meditazione delle cose divine a quel termine, per tutti noi quanti siamo comune, e da me sopra gli altri mortali desiderato; ma nonostante gli esempii pagani, ne temo biasimo. Bene altramente c'insegnò la virtù del sagrifizio Gesù Redentore; onde io, che per questa parte mi sento incolpevole, vorrei senza rimprovero portare i miei capelli bianchi alla fossa.
- In primo luogo io la conforto, carissimo fratello in Cristo, a porgere volonterose le orecchie alla chiamata che le viene dall'alto; inoltre io l'assicuro, che invece di biasimo dai buoni non può venirlene altro che lode, e dal Beatissimo Padre amplissima approvazione; a nome del quale io le profferisco tutti quei favori, che possa desiderare più acconci per condurre a termine l'ottimo suo proponimento.
- Poichè, Eminentissimo, con tanta benignità le piace consolare questo mio cuore trafitto, io le paleserò sentirmi vocazione di rendermi a Dio in qualche Regola di religiosi insigne per santità non meno, che per opere utili ai miei fratelli di tribolazioni.
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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa 1854
pagine 814 |
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