Lo Eminentissimo, che aveva detto una bugia, non era uomo da sgomentarsi per così poco; ond'è, che senza punto turbarsi così rispose:
- Certamente: siccome Papa Sisto passato il primo bollore di leggieri si ravvedeva, è da credersi che, riconosciuto lo error suo, non avendolo potuto riparare in vita, si adoperasse di farlo in morte. - E subito dopo, studioso di divertire l'attenzione del Luciani, interrogò: "E come vi avvenne, illustrissimo signor Presidente, di cadere in disgrazia ad un tanto pontefice?
- Avete a sapere, Eminentissimo, come una idea fissa si fosse impadronita della mente di Papa Sisto, infastidito di volgari supplizii; ed era una smania sterminata di far morire sul palco qualche principe. Tanto lo dominava questa fantasia, che talora, facendosi leggere per diletto la relazione della prigionia e morte della regina Maria Stuarda, sospirava dicendo: "O Signore! e quando verrà quel giorno in cui capiterà una tale occasione anche a me?" Ed altra volta, affacciatosi alla finestra, si voltò alla plaga di ponente, dove si dice che giaccia Inghilterra; e, sollevata la mano, quasi volesse parlare con la regina Elisabetta, ad alta voce favellò: "O te beata, regina, che sortisti dai cieli l'onore di poter far cadere una testa coronata! Va, che tu sei un gran cervello di donna". Ora mentre stava sopra questo appetito, la fortuna gli parò dinanzi la occasione per poterlo satisfare. Il signor Ranuccio Farnese, figliuolo del serenissimo duca di Parma Alessandro Farnese, contravvenendo al divieto del papa, si attentò portare armi per Roma; e non solo le portò per Roma, ma con esse venne in Vaticano, e si presentò al sommo pontefice.
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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa 1854
pagine 814 |
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