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      Papa Sisto, come colui che con le spie non soleva fare a spilluzzico, avvisato minutamente del fatto mise il bargello e gli sbirri in anticamera, dove il temerario giovane venne preso, e poi portato dritto come un cero in Castello Santo Angiolo. Chiara la legge, il delitto manifesto, e per di più qualificato dallo spreto dell'autorità e del luogo venerabile. Appena successo il caso si levò rumore grande per Roma, ed all'universale sembrava agevolissimo ottenere grazia al signor Ranuccio, considerando il credito che godeva infinito presso la Corte il cardinale Farnese, la fama del duca Alessandro tanto benemerito della fede cattolica, che Papa Sisto per via di legato speciale gli mandò sino in Fiandra il cappello, e lo stocco benedetti; l'autorità della casa inclita a paro delle più illustri, il parentado co' meglio potenti Principi della Cristianità, e finalmente la leggerezza degli anni giovanili del signor Ranuccio; ma quelli che conoscevano il papa da vicino tentennavano il capo, e dicevano: "e' ci è l'osso!" E questi la indovinavano. Di vero Sisto si mostrò, piuttostochè duro, incocciato a farlo morire; ed a quelli che gli esponevano i meriti del duca Alessandro Farnese, rispose: "nessuno meglio di lui averli tenuti, e tenerli in pregio; ma le virtù del padre non dovere, nè poter compensare gli errori del figliuolo": agli altri, ed erano i giureconsulti, che gli obiettavano i principi ed i forensi non andare suggetti alle leggi statutali, a differenza delle altre che nascono dallo jus comune, opponeva cotesta ragione non correre, avvegnachè il principe Ranuccio, come vassallo della Chiesa, non potesse allegare ignoranza di statuto: per ultimo a coloro che adducevano la novella età del contumace, rivoltava contro lo argomento osservando, la poca età doversi apprendere come circostanza aggravante; e chi sentiva altramente parergli scemo di senno: dacchè se così tenero tanto egli ardiva, qual termine estremo, quale ultimo confino non avrebbe passato adulto?


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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





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