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      All'improvviso, aperta strepitosamente la imposta della carcere, si presentano davanti alla dolente le sinistre sembianze del Luciani e delle sue compagne.
      Costui con parlare succinto ed acre le dichiarò, essere venuti per visitarla se avesse fattucchierie addosso; però di buona grazia si accomodasse allo esame. Egli intanto si ridusse in un canto della stanza, e quinci, con la faccia rivolta al muro, ordinò alle due Megere che compissero lo ufficio.
      Beatrice avvampando d'ira e di vergogna si ravviluppa nelle coltri, e, forte stringendolesi intorno al corpo, rifiuta sottoporsi alla umiliante ricerca. Non si rimasero per questo le due carnefici pinzochere, che, adoperandovi le mani loro adunche ed ossute, le strapparono di forza coltri e lenzuola. Nudo quel bell'angiolo di amore cadde in balìa di costoro.
      - Dal capo vien la tigna, diceva il Luciani dal suo cantuccio; però incominciamo a perquisirle la testa: separate in prima i capelli per bene, guardate con diligenza la cotenna... voi, signora Dorotea, forbitevi gli occhiali... ve lo ripeto per la ventesima volta... voi le troverete una macchietta livida, o nera un poco più grande di una lenticchia... come sarebbe a dire un granchio secco... avete trovato?
      - Non trovo altro, rispose Dorotea, che un visibilio di capelli sufficienti per farne una parrucca a tutt'e due, e ne avanzerebbe.
      - Basterebbero a tutt'e tre, osservò l'altra.
      - Scendete giù... guardate il collo, il seno, le spalle...
      - Nulla...
      - Come nulla? Egli è impossibile.
      - Ella è così. Sarebbe più facile che passasse inosservato un bufalo sopra la neve, che un pelo vano sopra queste carni di latte.


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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





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