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      Credersi più scaltro che altrui è lo scoglio dentro al quale per ordinario rompono gli astuti; onde a ragione il proverbio c'insegna, che in pellicceria vanno più pelli di volpe che di asino.
      Prima però di continuare il mio racconto mi è forza spendere alquante parole intorno a Prospero Farinaccio, che sta per essere tanta parte nella catastrofe di questa storia, e dire chi egli si fosse, e quali cagioni lo muovessero a zelare così le difese dei Cènci.
      Prospero Farinaccio nacque di stirpe popolesca; ma non tanto sprovveduta dei beni della fortuna, che ai suoi genitori venisse tolta la facultà di farlo educare nelle discipline liberali: ed in fatti mandato allo Studio di Padova attese ad imparare diritto, dove riuscì valentissimo. Tornato in patria presto si fece conoscere eletto ingegno, ed ottenne facilmente la fama di precipuo fra gli avvocati della Curia Romana. Invero egli possedeva in copia dottrina (che scienza quella degli avvocati d'allora io non vorrei chiamare), ed aveva raccolto abbondantissimi materiali che gli valsero poi a fabbricare ben tredici grossi volumi, i quali anche ai giorni nostri noi vediamo schierati nelle scansìe dei forensi, quasi leghe quivi dentro ammucchiate per costruirne le casematte di sofisma, e di errore delle loro biblioteche. Nei libri del Farinaccio, del Mantica, del Menochio e di altri siffatti scrittori, che gli furono contemporanei; peggio in coloro che lo precederono; niente meglio negli altri che lo seguitarono, invano cerchiamo spirito di retta filosofia.


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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





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