La vitalità, che in lui sovrabbondava, non gli facendo rinvenire nello esercizio della sua professione fatica sufficiente a stancarlo, nè i tempi concedendo vacare a pubblici negozii, egli si diede in balia della crapula e della lussuria...
Il suo temperamento in questo gli valse per modo, che consumata talora la intera notte nelle lascivie e nel giuoco, la mattina poi si mostrò pronto, e disposto al travaglio più che mai fosse stato. Con tanta foga si abbrivò nel mare dei vizii, che percorso in breve tutto quel tratto ch'è dominio del peccato, giunse là dove incominciano i confini del delitto; e corre fama eziandio ch'ei li varcasse; ma per virtù d'ingegno, ed in grazia delle protezioni che coltivava potentissime in Corte di Roma, gli riuscì sempre a cavarla netta. Clemente VIII, legale anch'egli, e che per avere appreso diritto a Roma, a Bologna e in Salamanca si reputava una cima, lo aveva avuto in grandissima, pratica mentr'era auditore di Ruota, e sovente diceva di lui: egli è un tristo sacco, pieno di buona farina. Come facile a donare, il Farinaccio si mostrava anche facile a prendere: costumava creare debiti più che poteva, un po' per bisogno, e molto più per genio; dacchè estimando poco i vincoli dell'amicizia, e quelli della parentela ignorando, soleva dire che il più saldo legame, il quale, secondo lui, tenesse uniti insieme gli uomini era il debito, concorrendo tre funi a formarne il nodo: la benevolenza del creditore pel debitore, la speranza di ricavarne un grosso interesse, e la paura di perdere frutto, e capitale; per la qual cosa egli teneva per fermo, che anche alla spada di Alessandro Magno sariasi torto il filo, se si fosse provata a tagliarlo.
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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa 1854
pagine 814 |
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