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      E così favellando stacca da capo del letto della Beatrice una immagine di Gesù crocifisso, e, gittatala sopra la coperta, prosegue: "Egli, troppo più che le mie parole, col suo silenzio v'insegna, sagrifizio che sia; - egli per la redenzione di coloro che lo avevano offeso, lo offendevano, e l'offenderebbero accettò lo indegno patibolo; - egli oppose alla giustizia eterna un riscatto eterno col suo sangue prezioso, - battesimo perenne che ci scorre sul capo come lavacro di peccato senza fine rinascente..."
      - Sì, ma Cristo non moriva mica infame!...
      - E chi fu dunque più vilipeso di lui? Chi più di lui saturarono di vituperio e d'ignominia? A lui nella grazia del supplizio anteposero Barabba ladro; a lui sul patibolo dettero compagni Cisma e Disma ladri: egli poi ottimamente conosceva questo, e se lo aveva presagito, secondochè apparisce nello Evangelo, là dove dice: "Per cagione mia voi verrete in abbominazione alle genti; ma voi prendete la mia croce, e seguitemi: chi si vergogna di me, di me non è degno".
      - Ed io dovrei prendere questo Dio di verità in testimonio di menzogna?
      - Deh! ciò non vi trattenga punto; dacchè, innanzi tratto, è cosa contro natura costringere l'accusato a prestare gìuramento, ponendolo nella necessità o di spergiurare, o di nuocersi; - ma ciò pongo in disparte. - Come, dico io, lice per legge divina difendere la propria vita togliendola altrui, e non avremo facoltà di difenderla affermando il falso per fine santissimo? Forse l'omicidio non supera lo spergiuro?


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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





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