Se io potessi soffrire per tutti voi, ed essere accolta in espiazione, o piuttosto per placare l'acerbo destino che perseguita la nostra famiglia, lo avrei fatto; non lo potendo, ecco io mi sagrifico inutilmente: di questo poi ho voluto ammonirvi, per pietà del dolore che risentireste tornando a precipitare in fondo della disperazione...
La finestra male assicurata cedendo in quel punto al vento, che soffiava in cotesto giorno impetuoso, si aperse, e il lume che ardeva davanti la immagine della Madonna rimase spento. Beatrice, per questo caso nè più, nè meno mesta di prima, mormorò due versi del Petrarca, adattandoli al suo stato:
Siccome fiamma, che per forza è spenta, Se ne andò in pace l'anima contenta.
Il Farinaccio a blandire il lugubre presentimento si attentò insinuare alcune parole di speranza, ma gli spirarono sopra le labbra. I Cènci piangevano, e Prospero anch'egli si trovò la faccia inondata di lacrime: egli con ambedue le mani sì coperse gli occhi, e, declinato il capo sopra il letto, si pose a pensare profondamente se lo sovvenisse partito meno periglioso del disegnato per salvare cotesti miseri, e non lo trovando gemeva. Premendolo altre cure, con muti saluti si accomiatò da loro; e l'anima sua, quasi baldanzosa quando entrò in carcere, ora tremava per non mai più sentito sgomento.
- Or via, che cosa vi è riuscito ottenere da quella dura cervice? - domandò il Luciani al Farinaccio, in aria di scherno.
- Andate, rispose il Farinaccio abbattuto; ella confessa - per necessità di difesa - avere dovuto uccidere Francesco Cènci.
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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa 1854
pagine 814 |
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