Nella esultanza di vedere quanto prima giustiziati tutti i Cènci, il Luciani obliò, o per lo meno fece tregua con l'odio che portava al Cardinale di San Giorgio; e, prese le carte processali, s'incamminò al palazzo di sua Eminenza, come la fiera porta la preda nella caverna per divorarsela in famiglia. - Entrato nella stanza di lui non aspettò di esserne richiesto; ma ferocemente palpitando,
- Abbiamo, disse,... abbiamo la sospirata confessione! Habemus pontificem.
Il cardinale Cinzio contemplando quanta parte di cane presentasse la faccia del presidente Luciani, trascorse col pensiero a certe immagini di selvaggi cannibali mandategli a donare dall'America, e si ritrasse involontariamente due o tre passi indietro.
Però, come colui che di ottima mente era, presa cognizione del processo conobbe subito la inverosimiglianza dei deposti, e la contrarietà delle circostanze: espresse anche il dubbio che i difensori non disfacessero cotesto edifizio mal connesso, come al rompere della olla incantata vanno in fumo le stregonerie dei negromanti. Ma qui accorreva pronto il Luciani a sciogliere ogni dubbio, avvertendo che le circostanze particolari dovevano trascurarsi; una cosa aversi a ritenere unicamente, e questa essere la confessione degli accusati di aver preso parte al delitto o consentendolo, o commettendolo; riuscire impossibile in qualsivoglia processo accordare tutte le contradizioni e bugie, mediante le quali i colpevoli s'industriano sottrarsi alla vendetta della giustizia: non bisogna in queste faccende andare ricercando il nodo al giunco; e quando, come ora, il misfatto è patente, e confessato da tutti, non essere punto di mestieri processi, e nè tampoco difese, come la gloriosa memoria di Sisto V ammaestrava allorchè, nel caso dello spagnuolo, disse: "Che processi, e non processi?
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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa 1854
pagine 814 |
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