- Molto meno aversi a credere le tentazioni diaboliche; imperciocchè, sebbene alle tentazioni del maligno andiamo tutti soggetti, pure, è la nostra santa religione lo insegna, o ne vanno immuni, o le superano le anime zelatrici della pietà. Ora, qual donna si mostrò più devota di Lucrezia nostra? Il Fisco stesso, quantunque poi lo ritorca in nostro danno, fa fede della pietà di donna Lucrezia allorquando finge, che la strage di Francesco Cènci fosse differita per reverenza della festa della Beata Vergine: ma io vo' che il Fisco sappia, come una femmina penetrata da tanto zelo di religione non offenderà, nè il giorno della sua festa, nè mai, la Madre di ogni misericordia, la mediatrice di ogni perdono.
E qui l'avvocato o s'ingannava, o tentava ingannare altrui, imperciocchè la esperienza abbia dimostrato e dimostri, come la devozione sincera (di quella ostentata per ipocrisia non è da parlare) vadano congiunti i consigli più tristi. Basti rammentare per tutti Giacomo Clemente, uccisore di Enrico III, il quale si apparecchiò alla strage col conforto del pane eucaristico, e con le discipline più solenni della nostra religione. Certo egli è duro avere a chiamare devozione sensi sì iniqui; ma ciò giovi ad ammonirci, come anche delle devozioni se ne dieno di più maniere: quella che circonda la morale con una corona di opere pie e generose, e questa come santa deve riverirsi; e l'altra che, ammogliatasi col delitto, si avviticchia com'erba velenosa intorno alla croce, ed hassi a considerare come scellerata; e di questa ce ne ha molta, anzi troppa; e i sacerdoti, non che sbarbarla, la fecondano a tutt'uomo per ignoranza, per errore, e per interesse.
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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa 1854
pagine 814 |
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