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      Dunque incolperete la supplichevole se i vostri orecchi, assordati dai tripudii della vittoria, non poterono ascoltare il gemito della sventura? Ci assista Dio! Tanto varrebbe di ora in poi mandare assoluto il ladro, e punire il derubato perchè le cose sue con sufficienti serrami non assicurò; non più il feritore, ma il ferito deve inviarsi all'ergastolo perchè si lasciava cogliere inerme dalle insidie, che gli tendeva proditoriamente il suo nemico.
      E fosse, anche per ipotesi, che la bisogna andasse come il fisco suppone; la signora Beatrice avendo ucciso, e non accusato, meriterebbe la pena della deportazione soltanto, secondo il precetto della legge del divo Adriano, e non quella dell'ultimo supplizio.
      Il fisco erra eziandio quando sostiene che le cagioni addotte da me valgano in caso di attuale, ed impendente violenza, e non quando tra la violenza e la strage corra certo spazio di tempo, ed allorchè la morte sia stata data di mano propria, non già procurata per mezzo di sicarii.
      Va errato, io dico, imperciocchè la signora Beatrice confessi ben ella avere ucciso il padre di propria mano, però nell'atto stesso che stava per consumare la violenza; ed avvertite che, desta a forza, tra lo spavento e l'ira fors'ella non ravvisò, anzi non riconobbe di certo, il padre suo. E poniamo ancora che lo avesse riconosciuto... Ma sapete, o Signori, che io, non me ne accorgendo, ho profanato fin qui un nome santissimo; imperciocchè può egli darsi, senza offesa manifesta della natura e senza ingiuria di coloro che ne sono meritevoli, questo titolo a Francesco Cènci?


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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





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