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      Quando uno sciagurato rompe il confino che la natura e Dio posero fra padre e figlio; quando egli nè protegge nè ama la sua creatura, all'opposto la perseguita e l'odia, il corpo ne calpesta e lo spirito, quegli non è più padre; anzi tanto è più scellerato, e meritevole di morte, quanto erano maggiori in lui gli obblighi di proteggere e di amare.
      E fosse anche, per ipotesi ch'io nego, che la signora Beatrice uccidesse lo sciagurato non mica su l'atto, ma dopo, sarebbe da irrogarsi non già la pena dello estremo supplizio, bensì della deportazione. La legge del divo Adriano si versa appunto sul caso di figlio spento dal padre suo, non colto su l'atto, anzi dopo certo intervallo di tempo, mentre si aggiravano insieme per le selve cacciando. Dove il padre lo avesse sorpreso sul fatto, allora non lo avrebbero dichiarato meritevole della deportazione per la strage del figlio, sibbene lo avrebbero dimesso. Tutti i dottori ci ammaestrano come il giusto dolore della offesa diminuisca la pena anche quando sia trascorso molto tempo fra la ingiuria e la morte.
      E nella città nostra, in questa curia stessa occorrono esempii di pene mitigate per la fragilità del sesso, senzachè giusta causa, o pretesto si sapesse dedurre per attenuare il delitto; e non volgono adesso molti anni che questo avvenne in causa di parricidio, dove alla figlia ed alla madre colpevoli si ebbe benigno riguardo. Ed io dovrò credere che si deva adoperare spietato rigore a danno di una leggiadra, e, quello che importa più, innocentissima fanciulla?


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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





Dio Beatrice Adriano