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      Il frate disse ai sospettosi custodi che il suo compagno, estenuato dalle vigilie, non aveva potuto reggere al desolante spettacolo, e lo commise alla carità dei fratelli della Misericordia; i quali accoltolo con ogni maniera di benevolenza, lo scortarono fuori della prigione. Egli scendendo le scale tortuose bagnava ogni scalino di lacrime.
      Beatrice, come impietrita, stava fissa sopra la porta donde era scomparso Guido; le pareva sognare; senonchè le catene, scosse di tratto in tratto, la rendevano avvertita ch'ella vegliava pur troppo. Involontaria guardò la manetta baciata da Guido, e vide le sue lacrime decomporre, a modo d'iride, la luce della lampada che in quelle si rifletteva; parevano gemme, e tali sembrarono anche a lei, dacchè sospirando esclamasse:
      - Ecco le gioie nuziali, che mi ha donato il mio sposo.
      Quando Padre Angelico tornò nel carcere, ella tutta carezzevole lo interrogò:
      - Ed ora dove è andato?
      - Al convento.
      - Ah com'è misero!..
      - Misero assai. Non sempre alberga in convento; però spesso, nel fitto della notte, si ode bussare un lieve tocco alle porte, e Guido si presenta. I frati lo accolgono, e lo nascondono per carità e per gratitudine, a cagione delle molte elemosine di cui egli ed i suoi antenati furono larghi al convento. Non domanda cibo, o riposo, nè vuole: va in chiesa, s'inginocchia davanti l'altare maggiore, e passa ore ed ore sopra i freddi scaglioni come rapito in estasi; e se non fosse il pianto, non parrebbe vivo. Grande è la miseria dell'uomo per cui il pianto diventò unica testimonianza di vita.


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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





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