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      - Signore! Signore! anima più benedetta di questa quando mai fu veduta quaggiù?
      E posto ch'ebbe fine la Beatrice alla confessione, il frate sbigottito favellò:
      - Anima santa, io ti assolvo dacchè questo sia lo ufficio del ministero; ma io protesto che dovrei prostrarmi davanti a te, e pregarti che tu mi raccomandi a Dio. Da quali labbra potranno giungergli più accette le preghiere, che da queste purissime ed innocentissime tue? Prega da te stessa Dio; io unirò le mie preci alle tue, che certamente giungeranno in paradiso; - nè io già pregherò per te, che non ne hai di bisogno; bensì per questa sventurata città, e per la salute di coloro che ti condannarono.
      La fanciulla si prostrò davanti alle sacre Immagini che pendevano dalle pareti; e rivolgendosi, secondochè le donne costumano fare più particolarmente, alla Beata Vergine, la ringraziava di chiamarla così presto da questa vita, e soprattutto di averle fatto grazia di vedere anche una volta quel caro Guido, il quale non le potendo essere compagno in terra, sperava le sarebbe unito eternamente in paradiso...
      Ma qui si fermò, quasi avesse tocco del piè la vipera, e sbigottita domandò:
      - Padre, ditemi, in carità; ma Guido mio sarà perdonato? Sarà fatto egli degno della salvazione eterna? Potrò io non tremare al suo cospetto? Mi verrà concesso di stringere quella mano che ha trucidato mio padre?
      - E pensi tu, figlia mia, che potremmo noi godere le gioie del paradiso se non obliassimo gli affanni terreni? All'anima immortale la memoria di essere rimasta prigioniera dentro il viluppo di creta tornerebbe non solo di gravezza, ma di vergogna.


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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





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