- Perdono, sorella; tu vai innocente, per colpa nostra, alla morte.
Beatrice visto l'osceno scempio delle carni del suo fratello abbrividì, e si sostenne sul braccio del padre cappuccino; ma tosto, ripreso animo, con serena faccia rispose:
- Che cosa ho io da perdonarvi, fratelli miei? Nè la vostra, nè la mia confessione ci manda a morte, bensì la sostanza; e di questo ormai avreste dovuto accorgervi. Di che dunque avrei a perdonarvi io? Forse di avermi fatto abilità di abbandonare per tempo questa macchia piena di fiere col sembiante umano? Ma a me tarda di uscirne. Forse per andarmi colà dove non sono oppressori, nè oppressi? Ma se fosse subito, non mi parrebbe presto abbastanza. Su via, coraggio, Giacomo; ormai possono farti un male grave, ma breve. Chè stiamo noi qui? Affrettiamoci a riparare nel seno del Consolatore, che ci aspetta... alla pace eterna... alla pace.
Pieni di nuovo conforto, che infuse nell'animo loro la mirabile costanza della vergine, risalirono il carro, e imperturbati soffersero il proseguimento della passione.
Beatrice camminava presta e leggiera, come persona cui premesse arrivare in tempo al convegno assegnato; e passando dinanzi alle chiese, che molte le occorsero per istrada, come Santa Maria in Campitelli, San Carlo dei Catenai, Santo Stefano in Pesciaiola, Santa Caterina dei Lotaringi, Santa Lucia della Chiavica, e Santi Gelso e Giuliano in Banchi, si prostrava, e pregava con tante affettuose preghiere, che quelli che la udirono ebbero a dire non avere mai provato in tempo di vita loro una passione al cuore così dolorosa, e desiderarono che Dio li gratificasse in punto di morte a uscire con fede, e giubbilo pari al suo da questa vita.
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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa 1854
pagine 814 |
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