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      Se taluno dubitasse della verità del fatto com'io l'ho narrato, io vo' che sappia, cotesto essere stato miracolo di amore nè nuovo nè unico. Trentun anno dopo la morte di Beatrice, Giovanni Gonnelli di Gambassi in Toscana, scultore rimasto cieco di venti anni, condusse in creta il ritratto della donna che lo innamorò, prima di perdere la luce degli occhi; il quale riuscì in ogni sua parte perfetto, in ispecie poi per la somiglianza: onde maravigliando ognuno. Giovanbattista Pallotta cardinale di San Silvestro, che ricordava il fatto dell'Ubaldino, volendoli rendere capaci come questo potesse avvenire naturalmente per virtù di amore, recitò i due versi che seguono:
     
      Giovàn, ch'è cieco, e Lisabetta amò,
      La scolpì nella idea, che Amor formò(172).
     
      La musa per questi versi non esulta, ma il cuore gli approva.
      Monsignor Taverna avendo intanto scoperto lo asilo dov'erasi ricoverato lo Ubaldino, mandò gente ad arrestarlo. Invano lo avvertirono trovarsi il povero giovane in extremis; gli sbirri vollero entrare in camera: l'Ubaldino gli udì venire, e gli riconobbe in grazia del lucido momento, il quale per consueto precede la estinzione della creatura. Per la qual cosa volgendosi loro, con voce spenta favellò:
      - Dite al Governatore Taverna che avete trovato un morto, il quale non muterebbe la propria sorte con quella di lui.
      E abbandonatosi sul guanciale rese l'anima al Creatore.
      In quei tempi correva in Roma l'andazzo, che l'associazione dei morti al sepolcro si facesse in tre tempi diversi, secondo la qualità e condizione loro.


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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





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