(39) La dote di Luisa Vellia, moglie di don Giacomo Cènci, fu di scudi diecimila, come si ricava dal chirografo del luglio 1600 col quale Clemente VIII conferisce facoltà a Monsignore Taverna di transigere le liti dei Cènci: et præsertim quod ejus dotem scutorum 10m. eidem Jacobo præsolutam usque modo recuperare minime potuit.
(40) Riccardo Cuore di Leone della iniqua sua stirpe diceva: "Non esse mirandum si de tali genere procedentes mutuo se infestent tanquam de diabolo revertentes, et ad diabolum transeuntes. BROMTON apud MICHELET, Storia dei Francesi, t. III p. 379. - Le infamie della famiglia dei Cènci, pur troppo in cotesti tempi comuni a parecchie famiglie d'Italia, assai si rassomigliano a quelle dei Plantageneti. La barbarie, o la società corrotta sogliono partorire i medesimi frutti. Onde non paia, che per noi la malvagità umana venga esagerata, leggasi la famiglia Plantageneta qual fosse, secondo che ci racconta il medesimo MICHELET nel luogo citato: "Fu casa piena di sangue, e di perfidia. Certa volta, che il re Enrico venne a conferenza co' figli suoi, i soldati loro trassero le armi contro di lui. I figli di Guglielmo il Conquistatore più di una volta nel paterno petto puntarono la spada. Folco aveva messo il piè sul collo al figlio debellato. La gelosa Eleonora, veemente e vendicativa come donna di paese meridionale, coltivò la turbolenza e la ribellione dei figli educandoli al parricidio. Questi figli, nei quali si mescolava il sangue di tante diverse razze normanna, aquitana e sassone, pareva riunissero, oltre l'orgoglio dei Folchi di Angiò e dei Guglielmi d'Inghilterra, tutte le opposizioni, gli odii e le discordie delle razze donde uscivano.
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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa 1854
pagine 814 |
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