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      (122) Leggesi che a Parigi fu uno maestro, che si chiamava ser Lò, il quale insegnava logica e filosofia, ed aveva molti scolari. Intervenne che uno dei suoi scolari, tra gli altri acuto, e sottile nel disputare, ma superbo, e vizioso di sua vita, morì. E dopo alquanti dì, essendo il maestro levato di notte allo studio, questo scolare morto gli apparve: il quale il maestro riconoscendo, senza paura il domandò quello che di lui era. Rispose, ch'era dannato. E domandollo ancora il maestro, se le pene dello inferno erano così gravi come si diceva; rispose che infinitamente maggiori, e che con la lingua non si potrebbero coniare, ma che gliene mostrerebbe alcun saggio "....... Ed acciocchè la mia venuta a te sia con alcuno utile ammaestramento di te, rendendoti cambio di molti ammaestramenti che desti a me, porgimi la mano tua, bel maestro". La quale il maestro porgendo lo scolare scosse il dito della sua mano, che ardeva in su la palma della mano del maestro dove cadde una piccola goccia di sudore, e forò la mano dall'un lato all'altro con molto duolo e pena come se fosse stata una saetta focosa, ed acuta. "Ora hai saggio delle pene dello inferno" disse lo scolaro, e urlando con dolorosi guai sparì. Il maestro rimase con grande afflizione, e tormento per la mano forata ed arsa; nè mai si trovò medicina che quella piaga curasse, ma infino alla morte rimase così forata. Donde molti presono utile ammaestramento di correzione. E il maestro compunto, tra per la paurosa visione, e per lo duolo temendo di non andare a quelle orribili pene delle quali aveva il saggio, deliberò di abbandonare la scuola, e il mondo.


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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





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