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      Onde in questo pensiero fece due versi, i quali la mattina vegnente in iscuola davanti ai suoi scolari, dicendo la visione, e mostrando la mano forata ed arsa spose, e disse:
      Linquo coax ranis, - ora corvis, vanaque vanisAd loicam pergo - quae mortis non timet ergo.
      Io lascio alle rane il gracidare, ai corbi il crocidare, le cose vane al mondo; io m'incammino a logica tale, che non teme la conclusione della mortecioè alla religione. E così abbandonando ogni cosa si fece religioso, santamente vivendo fino alla morte. PASSAVANTI, Specchio della vera Penitenza. Dist. 2. cap. II.
      (123) Segreti del Piccolo Alberto. Lione, 1731.
      (124) Lorenzo, o come faiA infonder nella creta
      L'anima, che non hai?
      Versi stupendi della magnifica poesia di GIUSEPPE GIUSTI, intitolata la terra dei morti. Però, a vero dire, anima ebbe più lo interrogato Bartolini, che lo interrogatore Giusti. Questi con braccia di Sansone scosse il luttuoso edifizio della odierna società, e poi ebbe paura dei calcinacci che cascavano. Chi sa dire, non sempre sa fare.
      (125) Di queste immanità io molta parte soffersi: et quorum magna pars fui... Qual fosse la causa del tormi e vista e luce, si legge in un libro stampato dal conte Guglielmo Digny. La Commissione, informata di certi segnali che si facevano da una villa, temè fossero per darmi avviso di quanto accadeva in giornata: chiarita meglio la cosa, seppe che in quel modo si ragguagliava della salute di uno infermo giacente in villa i suoi congiunti dimoranti alla città: non pertanto le truci precauzioni non si dismisero, anzi crebbero.


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Beatrice Cènci
Storia del secolo XVI
di Francesco Domenico Guerrazzi
Tipografia Vannucchi Pisa
1854 pagine 814

   





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