A GIOVANNI BATTISTA NICCOLINI.
Rovistando tra i miei fogli, i quali troppo più spesso che non faceva di bisogno patirono disoneste invasioni, io ho trovato la espressione dei sentimenti che mi animavano verso di te, inclito amico, allora quando, volgono adesso venti e più anni, io adolescente imprimeva la prima orma nello arduo arringo delle lettere umane. Opera quasi di fato mi parve la conservazione di cotesto scritto; onde io voglio senza punto mutarlo od emendarlo revocartelo alla memoria:
Tu che forti opre in secol guasto imprendi,
E i vivi marmi del nostro Agnol guatiE senti, - e lo eternale dei dannati
Pianto di rabbia e di dolore intendi;(1)
Tu che possa natura all'uomo apprendiSotto l'italo cielo incontro ai fati,
Quanto sia premio un riso amico ai vati,
Gentilissimo Spirito, comprendi.
Pur me anelante delle amate frondeNon lusingare, e di', se il merto: "Falle,
Volgi, o figlio, la prua da queste sponde." -
Duca mio dolce, pel dirotto calleMi odi, e cortese al domandar risponde:
Debbo salire o rimanermi a valle?
Tu dunque conosci quanto sia antico il mio culto per te; e coll'andare del tempo egli crebbe meritamente, però che tu sii la migliore coscienza di questa nostra patria italiana.
Tu fra rovine d'imperii, e di stati amplissimi, e diversissimi, fra impeti di passioni scomposte, e cieche ire, e più cieche ambizioni, e turpi libidini di potere, e proteiformi ipocrisie, e codardi disertamenti, non curato schiamazzo o paura, hai portato alto la tua fede come un vessillo trionfale nel giorno della battaglia; sicchè chiunque ti tenne dietro senza smarrire la via giunse a fine generoso.
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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze 1847, pagine 469 |
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Agnol Spirito
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