Nè l'un nè l'altro già parea quel ch'era:
Come procede innanzi dall'ardorePer lo papiro suso un color bruno,
Che non è nero ancora, e 'l bianco muore.
(XXV, 63-66.)
Adesso poi, dopo non meritato esilio, la Duchessa torna esultando ai luoghi del suo nascimento, e tutta commossa sospira questi versi dolcissimi:
Bella Italia, amate sponde,
Pur vi torno a riveder;
Trema in petto, e si confondeL'alma oppressa dal piacer.
E come accade a ogni uomo, e più a ogni donna aspettata a qualche convegno, che per le scale si aggiusta i veli, e con le dita dà una giravolta ai bei cincinni di oro, - o vogli di ebano, - così ella ha curato correggere locuzioni e frasi per comparire tutta in punto e bene azzimata alla festa.
La Serpicina ricorda amarezza più acerba: non il bando del libro, ma sì dello scrittore. Certo non fu esilio nel Ponto, nè potevano i luoghi ispirarmi i Tristi; nonostante il cuore dell'uomo non si strappa dal seno della famiglia e da ogni cosa più caramente diletta senza che soffra; egli si abbarbica con fibre tanto sottili e dilicate, che male si può traslocare altrove senza vestigio di lagrime e di sangue! E non conto nulla le guaste fortune, i negozi perduti, e i danni appena riparabili. Pensando poi come mi avvenisse questo per avere pagato un debito di lode che la mia città teneva verso un suo figlio riuscito prestantissimo Capitano(5), mi prese supremo fastidio della terra ingrata, ed aveva deliberato ripararmi in Inghilterra; ma nel luogo del mio esilio, per ordinario freddo e pieno di neve, in cotesto anno spirarono dolcissimi aliti, onde io sovente ebbi a ringraziare Dio che mitigava il vento allo agnello tosato; anzi giù nella valle, ove possiede una terra la duchessa Di Altemps, sul finire di febbraio nacquero rose, sicchè i cari ospiti, la vigilia della mia partenza dal paese, mi convitarono e nella salvietta mi fecero trovare con somma mia maraviglia una rosa rubiconda e odorifera; e mentre io la guardava fisso, uno degli astanti, consapevole del mio disegno di abbandonare la patria, così mi favellava:
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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze 1847
pagine 469 |
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