Ma io non istarò a descrivertela, amico lettore, però che da quando mi accorsi come gli uscieri, e simili persone onorandissime deputate a commettere gravamenti, descrivessero mobili e vesti, quanto Scott o Balzac, io meco stesso divisassi lasciare intera alle prefate onorandissime persone la gloria degl'inventarii.
Solo dirò come in certa camera si vedesse un letto con baldacchino e tende di damasco a rappe azzurre sopra un fondo giallo, ornato all'intorno di cornici e d'intagli sottilmente lavorati e dorati.
Dormiva su quel letto un fanciullo di forme leggiadre, di capelli neri ricciuti; palpebre lunghissime di seta; nelle guance florido, co' labbri accesi: - simile al putto dell'Ego dormio, sed cor meum vigilat, dipinto dal Bronzino.
Con la piccola mano andava ad ora ad ora cacciando via una zanzara, che più ostinata tornava a vellicargli le labbra e il naso: - ed egli torceva quelle, e questo aggrinzava indispettito; chè il molesto solletico formava il più profondo dolore che mai avesse sofferto nella breve sua vita quel fanciullino.
Dormiva un sonno a fiore d'occhi, conciossiachè a seconda del vento giungesse a sturbarlo uno schiamazzo di risa e di voci gioiose, come quando, il decoro dei commensali vinto dal vino, la esultanza del banchetto scorre rubiconda e loquace, talora a rallegrare, - qualche volta a insanguinare le mense.
Ed infatti il cavaliere Iacopo Salviati, duca di San Giuliano, aveva convitato i nobili suoi amici a sontuoso banchetto.
Quantunque, durante il pranzo, egli fosse sovente comparso preoccupato, aveva nondimeno soddisfatto a tutte le parti che a compito gentiluomo si addicono.
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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze 1847
pagine 469 |
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