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      Giunse alfine il momento in cui ab antiquo corre nei banchetti il costume di propinare a vicenda alla salute dei commensali. Il duca non trovando maniera onesta di farne a meno, colto all'improvviso il destro, prende precipitoso un bicchiere, ed accennando alla duchessa, esclama:
      Madonna Veronica, io bevo alle vostre contentezze!
      La duchessa levandosi come vipera calpestata, con labbra tremanti si reca a sua posta nella mano un bicchiere, e gli risponde:
      Sì!... a quelle che voi mi date, signore Iacopo, da un pezzo in qua....
      E di pallida, diventò per tutta la faccia vermiglia. Su l'orlo estremo dell'occhio le spuntò una lacrima, sopra i labbri un sospiro, che però nel punto stesso vennero - quella inaridita - questo compresso da ineffabile senso di rabbia.
      Alcuni dei convitati che notarono quegli atti, non sapendo di quale feroce procella fossero segni, sentirono intenerirsi, e susurrarono sommessi, che nè più bella, avventurosa e amorevole coppia di coniugi a memoria di uomini si era mai vista in Firenze.
      Si levano le mense; la comitiva si sparge pei giardini. Al duca, che di un cenno ne aveva dato segreto comando, conduce davanti un superbo cavallo turco il valletto fedele. Recatesi in mano le redini con garbo pieno di leggiadria, il signore Iacopo si valga ai circostanti, e dice loro: aspettarlo l'eccellentissimo e serenissimo granduca; avergli promesso di vegghiare in corte; impedirgli il rispetto, non consentirgli l'affezione, che svisceratissima portava a così benigno signore, mancare al convegno; rimanessero: tutti quei diletti, che la sua povera casa poteva offrire maggiori, a loro talento pigliassero; forse sarebbe tornato a notte inoltrata; raccomandarli intanto a madonna Veronica, la quale, come quella che era la stessa cortesia, non aveva mestieri di lusinga per mantenersi ciò che fu e sarebbe stata sempre, il più bello ornamento delle case Cybo e Salviata.


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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1847 pagine 469

   





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