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      Non badando o curando se altri la nota, ella si precipita verso il balcone, e quivi, i gomiti appoggiati al davanzale, il volto declinato fra le mani, si pone a considerare il duca, che galoppando si allontanava. Chi mai dirà l'inferno di quell'anima esacerbata? Pestava i piedi, singhiozzava, fremeva, intere ciocche di capelli si strappava, e tremava, tremava come persona presa dal ribrezzo della febbre, e:
      Iacopo mio,
      - fra i singulti diceva "non ci andare... Iacopo, torna indietro... Iacopo, salvami dalla tentazione del demonio: in questo mio cuore o tu, o Lucifero. Se mai ti offesi, se in cosa alcuna ti spiacqui, Iacopo, io ne domando perdono prima a Dio, poi a te. - Da ora in seguito mi vuoi più mansueta... mi sforzerò... lo sarò... - non ti dirò parole amare, - ma torna addietro... - Ahimè! sempre più si allontana. - Volgiti, duca, per amore dei tuoi morti, che sono domani, non lacerare il cuore di una donna, della povera tua moglie, della madre dei tuoi figliuoli. - Oh dolore! appena lo scorgo. - Pace, Salviati, - e mutata attitudine, ambe le braccia stendeva fuori del balcone; - pace; io scenderò, se vuoi, dal grado di sposa, ti servirò da fantesca; se vuoi, ritirami l'amore tuo, non amarmi; - anche questo concedo; non mi amare più: ma non preferirmi altra donna. - O Cristo! è scomparso... e fra un'ora... fra pochi istanti sarà nelle braccia di altra donna! - O Cristo!"
      Ebbra di furore, abbandonato il balcone, passeggia la stanza, ad ora ad ora esclamando:
      Fieri esempi - ricordanze disperate - eterno lutto!


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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1847 pagine 469

   





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