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      - Vediamo! - La marchesa Cecilia me ne ha procurato il ritratto: povera amica! - Quante grazie le debbo! - Vediamo...
      Accosta in fretta una tavola presso al balcone per avere più lume, e sopra la tavola assesta uno specchio. Si asside, si compone il velo e i capelli, rende mansueta la faccia, e si prova a chiamare su le labbra la serenità del sorriso; quindi si leva dal seno una miniatura con eccellenza di arte condotta, e con tale una espressione la riguarda, che favella umana non saprebbe referire.
      Cotesto ritratto rappresentava una giovane donna decorosa per copia di biondi capelli, per dolcezza degli occhi azzurri soave; candida nella fronte, e tanto pura, che l'Angiolo stesso della innocenza avrebbe potuto benedirla con un bacio. Dalla intera sembianza spirava tale e siffatto senso di pudore, che ti prendeva vaghezza di adorarla piuttostochè di amarla, siccome avviene a cui riguarda con profondo sentimento dell'arte le immagini di Raffaello.
      Il terrore aveva sconvolto l'anima della povera duchessa, - e con l'anima, la faccia: sentiva la sconfitta, non si attentava contemplarsi nuovamente nello specchio; - ma ve la trassero i fati, - e si specchiò.
      Colei tanto florida sembianza; - ella già volta ad appassirsi!...
      Ma anch'io fui fresca come un fiore, - quando prima vergine innamorata mi abbandonai fra le tue braccia! Chi avvizzì le mie labbra se non che tu bevendovi a sorsi lunghi avidamente il piacere? - Chi altri che tu m'inaridiva le guance con l'ardore dei tuoi baci? - Se il mio sguardo divenne languido, sposo mio, non fu perchè nel mio seno ti riprodussi, e ti feci lieto di figli?


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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1847 pagine 469

   





Cecilia Angiolo Raffaello