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      - Questo è uno scudo d'oro di Massa, n'è vero? Ecco qua le armi - Cybo, Medici e Malaspina; - glielo baratterò meglio che in zecca.
      - Ed avvertendo come lo incognito non gli badasse, aggiungeva: - "Di grazia, illustrissimo, la badi qui, che dal gran fuoco l'ho le traveggole; e per cosa al mondo i' non le vorrei affibbiare moneta scadente, - molto più che adesso sono spariti quei bei pavoli barile del duca Alessandro di eterna memoria(18): - crazie, che le paiono scaglie di muggine... - Tre giuli ella spende, e sette dieci: - ogni cosa muta in questo mondo: - guardi! e sei, sedici: - tutto peggiora: - e mezzo, sedici e mezzo, che a tanto le ragguaglio il suo scudo." - E così favellando s'ingegnava a divertire l'attenzione dello straniero, vuotandosi intanto le tasche di quante crazie rotte e monete tosate vi aveva raccolto da anni a questa parte.
      Margutte, stesa la mano su quel mucchio di moneta disperata, sogghignando rispose:
      Oste, molto maggiore Santo che non se' tu ha detto - Quello che fu sarà, - ed io ci credo. Vedi. - Una volta certo oste, come te, mi barattò uno scudo d'oro di Massa lire undici, e queste lire me le rese in moneta che scapitava d'un quarto. Tu hai cominciato come il tuo collega a cambiarmi lo scudo per undici lire, mentre in zecca danno bene undici lire, ma di oro, le quali con l'aggio del sette per cento fanno undici lire, soldi sedici e denari sei, in moneta di argento(19). - Adesso vediamo la tua moneta...
      L'avverta ch'i' ho le traveggole... io l'ho tenuto avvertito.


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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1847 pagine 469

   





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