Appena aperti gli occhi, temendo avere tardato, si precipita giù dal letto suonando a furia pei servi.
E questi accorrono vestiti a festa tutti giulivi, esclamando in coro:
Illustrissimo signor duca, buon capo di anno.
Grazie! e a voi pure altrettanto. - Maggiordomo, questo anno darete mancia doppia a tutti. - Mi sento felice!
Viva il magnifico messer Iacopo.
Basta: andate; mantenetevi buoni e leali come foste fin qui. - Valentino, adesso a noi: tu mi devi far bello stamani... io vo' oscurare tutti in Corte. - Vediamo! - I maestri hanno riportato le robe?
Illustrissimo sì. Ecco: il piumaio le ha recato il cappello...
Bene. - Abbassa un poco la piuma, e fa di mettervi in mezzo la mia bella rosetta di brillanti. - Il doratore?
Anch'egli ha mandato gli usatti.
Questi usatti di cuoio dorato a mordente devono fare bellissima figura, in ispecie poi con questi speroni di oro brunito.
Il gioielliere dice avere vegliato tutta la notte per fornire la veste, e le si raccomanda pei garzoni: - veda un po' se abbia incontrato il suo genio.
E gli spiegava la veste davanti. - Chi mai potrebbe ai giorni nostri immaginare la sterminata ricchezza di cotesta veste? Ella era composta di broccato di oro, ricamata in rilievo a fiori, e in mezzo ad ogni fiore l'artefice industre aveva collocato una perla; intorno al collarino e alla estremità delle maniche ricorrevano due fila di diamanti; in petto, composta di brillanti e di rubini, appariva la croce di Santo Stefano papa e martire. - Insomma e' bisognava abbassare gli occhi dinanzi a tanto splendore.
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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze 1847
pagine 469 |
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Iacopo Corte Santo Stefano
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