Domando umilmente perdono...
E il duca, per quel giorno di sangue dolcissimo, o si mordeva il labbro, o percuoteva del piede la terra, ma senza ira ammoniva:
Un'altra volta badaci: - non è nulla, fa presto.
Illustrissimo signor duca, madonna la duchessa le augura buon capo di anno, e le manda il canestro delle biancherie.
A tempo veniste; - le direte da parte mia, che gran mercè; - e ci rivedremo a Corte.
Il valletto s'inchina, e depone sopra una tavola il canestro.
Nobile arnese di casa Salviata, e per giudicio degl'intendenti universale attribuito al Cellino, era quel canestro, composto di filo di argento, lavorato sottilmente a trafori, con bei mascheroncini e cascate di frutti, fiori e nicchi di mare con singolare vaghezza intrecciati a nastri, fronde e spighe, che facevano maraviglia a vedersi, tanto bene imitavano il vero.
Le biancherie poi formavano principalissima parte del vestire di allora. Oltre alla camicia di rara finezza, usavano portare collari immensi, e manichetti di trina. Non si crederebbero gli enormi prezzi coi quali questi fragili lavori si acquistavano, e per altra parte (ove i pittori, in specie fiamminghi, co' pennelli loro non ce ne avessero conservata memoria) non si crederebbero gli eletti magisteri co' quali venivano stupendamente condotti. Le Fiandre in siffatto commercio inestimabile quantità di moneta adunavano, e sebbene fino da quei tempi altri popoli avessero incominciato ad attendere a simili industrie, pure nè allora nè poi, i Fiamminghi furono mai da nessuno superati.
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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze 1847
pagine 469 |
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