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      .... quanto un discorso accademico, o poco meno. - Ora come io segaligno e freddoloso lassù? - Noi altre povere creature, a guisa di pagliuzze in balía della procella balestrano i fati, adesso in cima ad un campanile, adesso in fondo di una cantina, senza conoscerne sovente, epperò senza poterne dire, la cagione. Per quanto aveva durato lungo quel giorno benedetto, io era andato leggendo gli Apoftegmi dei re e capitani famosi esposti dal Plutarco, sicchè gli occhi mi frizzavano forte, e la mia testa mi pareva ripiena di cotone; per la qual cosa, chiuso il libro, mi ripiegai sopra me stesso, e pensai, - commentai, - ampliai, e restrinsi quello che aveva letto, e quindi, dopo tanto vagare di cervello, d'induzione in induzione mi condussi a conchiudere: andiamo all'osteria!
      Per li Dei immortali! ma non occorreva egli modo di passare più decentemente la serata? Oh non vi erano gentiluomini, non vi era clero lassù? Vi erano; - vi erano. Avrei potuto ridurmi a casa di certo canonico, uomo dabbene e amicissimo mio; ma, a vero dire, egli non rifiniva mai da mettere discorsi di benefizii, appuntature, prebende et reliqua, cosicchè me n'era venuta al cuore una grandissima sazietà. - Poteva ridurmi eziandio a visitare il vicario (che per vicario era fatto bene); ma quivi pure tanto io aveva udito favellare continuo di promozioni, pensioni, gratificazioni e simili, che me n'era venuta al cuore una grandissima sazietà. - Poteva infine avviarmi da qualche gentiluomo del paese, buona anch'essa e cappata gente, come direbbe messere Carlo Botta, ma quei dabbene gentiluomini mi riuscivano gravi più dei pesi che si pongono sopra la stadera dell'Elba, di cui la prima tacca è sul mille, e per di più cosi uniformi tra loro, che ritti uno accanto dell'altro mi parevano mattoni stesi su l'aia del fornaciaio.


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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1847 pagine 469

   





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