All'osteria tutto si presenta svariato, cominciando dalle vesti, perchè vesti del popolo. Queste vesti raccontano sempre la storia del tempo passato, di rado del presente, talora del futuro, avvegnadio nulla nascendo nuovo sotto il sole, e tornando ad essere quello che fu, le fogge degli abiti si trovino a godere più delle altre cose di privilegio siffatto. Idee, argomenti, favella, modi, tutto insomma singolare possiedono i poveri: - essi non conoscono educazione che li tosi, rispetto che li limi, riguardo che li scorci, convenienza che li curvi, finchè resi tutti di una misura e di un garbo, impiastrati della vernice di bugiarderia, vadano sciolti fra gli uomini, come le mummie di Egitto. Io non conosco per ora cosa più sincera, nel mondo, della povertà, se non fosse la miseria.
E poi l'osteria di questo paese non è mica fatta come l'osteria degli altri paesi; mai no. Qui gli artefici principali convengono; qui il dottore fisico, e qui il cerusico; qui il dottore legale, e qui il notaio, che di faccia alla legge equivale al cerusico di faccia alla medicina; qui il nobile uomo, e qui talora io vidi far capolino anche il prete; - perchè oltre al vino, in questa osteria danno a bere una cotale acqua tinta in nero, che per amichevole convenzione tra venditore e compratori è stabilito che non abbia a chiamarsi inchiostro, ma caffè; - e le menti nate a speculare in politica vi trovano la Gazzetta di Firenze, e qualche volta il Giornale di Foligno di un mese, o tutto al più di quindici giorni indietro, per non istarcene male informati sopra le vicende del mondo.
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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze 1847
pagine 469 |
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Egitto Gazzetta Firenze Giornale Foligno
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