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      Come venne più vicino, conobbero essere privo di un occhio, e tanto guasto dalla tigna da disgradarne San Lazzero. - "Fermati, cane, gli dissero, e vieni a sentire il nostro piato." - Il cane non li badava, e con la coda e gli orecchi bassi continuava la corsa, senonchè sentendosi un'altra volta chiamare, volse alcun poco il muso con sospetto, e sbirciandoli coll'occhio sano, rispose: - "Lasciatemi andare pei fatti miei; io non do fastidio a nessuno." - "No, sosta; noi non vogliamo farti male; vogliamo che tu decida una nostra lite." - "Voi mi date la baia: da quando in qua ci sono giudici cani?" - "Anche di fico si fecero i Numi(30); perchè da un cane non può ricavarsene un giudice? Or su via, ad ogni modo tu hai da sedere giudice tra noi." - "O signore, come volete voi che io vi giudichi, se la fame mi toglie il vedere?" - "Noi ti pagheremo la sportula, e tu ti sazierai." - "Allora dite, e presto."
      Qui l'uomo, esposta sua ragione con discorso brevissimo, concludeva: la serpe dalla sua istanza si rigettasse, e come litigante temeraria nelle spese giudiciali e stragiudiciali si condannasse.
      La serpe, replicando, diceva: avere il montanaro esposto il punto di fatto con ammirabile lucidità; la sua ragione non abbisognare di troppi argomenti; essere d'intuitiva evidenza l'uomo nella sua qualità di uomo meritarsi la morte; per questo perchè avendo questa creatura proclamato il diritto di potere mangiare tutti, ognun sentiva che i divorandi nei congrui casi di ragione avevano diritto a mangiare lui; in altri termini, deve o no applicarglisi la pena del taglione?


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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1847 pagine 469

   





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