.."
Ciò detto, la scimmia con salti smisurati fece ritorno alle amate fronde e più agli amati frutti del fico.
E l'oste, che non poteva capire nella pelle al fine delle sue parole, esclamò: "Oh Lazzaro, cervel balzano da tutti i quattro piè; tu hai voluto provare una cosa e ti è riuscito concludere con un'altra: co' fatti sempre ti contradici e co' detti. Perchè nel passato anno, quando la neve seppellì le case, tu primo andasti a spararla e a sovvenire i poverelli di Dio?"
Per darmi moto...
E perchè rivestisti la matta? E tutti giorni le dai pane e fuoco?
Perchè se muore non mi farà più ridere.
E il tuo nipote?
Se quel becca-l'aglio del Villebiforce, invece di perseguitare la tratta dei neri, si fosse, come doveva, sbracciato a favorire la tratta dei bianchi, a questa ora, vedi... per me lo avrei venduto per venti lire.
Or dunque via, Lazzaro, da bravo: poichè cotesta tua creatura ti pesa tanto; la mia ragazza ed egli si vogliono bene: io lo riparerò qui in casa mia, lo terrò in parte di figliuolo, e tu non ne avrai più molestia...
Come? come?
interruppe Lazzaro con voce tremante. "I miei nipoti hanno a stare con me. O che ti pensi, Biagio, che in casa mia per la tua ragazza non ci sia luogo? - Avrà la sua cameretta linda e polita, e il capoletto con gli specchi e la coperta di cataluffo giallo... che fu già della mia povera defunta... - Senti, Biagio, e sentimi da senno:" e Lazzaro alzandosi mi parve allora sublime: "in tutta la mia vita io ho badato ad una cosa sola, a morir bene. Nell'ora del viaggio eterno io ho contato di avere le mie nelle mani dei nepoti, e un crocifisso sul petto, e andarmene in pace.
| |
Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze 1847
pagine 469 |
|
|
Lazzaro Dio Villebiforce Lazzaro Lazzaro Biagio Biagio Lazzaro
|