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      Invero anche nella morte era bello; ed egli parve desiderarla come il pellegrino stanco l'ombra dei platani paterni cresciuti su le sponde del rivo. - E dico parve; perchè un giorno, - pendendo uno specchio alla parete di faccia al letto in cui giaceva, e alla porta per la quale io entrava, - mi soffermai a contemplarlo nello specchio, e vidi che piangeva. - Certo io non saprei ben dire se piangesse il fiore della giovanezza perduta, o per tedio che la morte ritardasse tanto a scuoterlo giù dall'albero della vita; pure dacchè stava in potestà sua concluderla, e il modo nè il coraggio gli mancavano, dubito nol facesse per amore della esistenza, dalla quale, per quanto sappiamo, non ci è dato separarci senza rammarico, e forse senza spavento.
      E quella sera strinse la mia mano più forte, e non profferì parola; ed io che, sebbene roso dalla medesima malattia, sopportava gravemente vederlo per quel modo disfatto dal verme della tristezza, lo richiamai e gli dissi:
      Ascanio, stasera abbiamo una solennità alla quale potremmo convenire, - non fosse altro per divagarci...
      Quale?
      L'adunanza del Mutuo Insegnamento per la distribuzione dei premii. Paionmi cose degne di vedersi quei giovanetti in virtù della istruzione chiamati a nuova vita, e la esultanza dei parenti, e la carità pubblica...
      A egregie cose accendono le urne dei forti, o Pindemonte... Va tu se vuoi; per me non mi lascio prendere a queste lustre...
      Ma qui non vedo insidia; e tu, o Ascanio, diffidando sempre di tutto e di tutti, farai come colui che lasciava morirsi di fame per paura di veleno.


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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1847 pagine 469

   





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