Imparare la storia, la politica, la filosofia, la eloquenza e la poesia dei Romani, è pataffio! Se avessi un figliuolo che a diciotto anni si compiacesse della lettura o di Tullio, o di Livio, o di Tacito, io lo bacerei lacrimando sopra la fronte, e gli direi: Riposati. - E poi non è vero che noi ci rimanessimo ai soli studi latini, ma al punto stesso, le greche e le italiane lettere apprendevamo, e non superficialmente, sibbene come conveniva a tanto studio; e lasciando in disparte il greco, attorno al quale poco felicemente mi esercitai, con infinita industria gli egregi maestri m'istruirono nelle più riposte ragioni della lingua materna sopra la scorta del Cinonio, del Buonmattei, del Salviati e di altri valentissimi, fra i quali non devo tacere Bembo con gli Asolani, Varchi con l'Ercolano; e quindi in Rettorica mi dimostrarono l'applicazione dei precetti nelle fiorite scritture del Casa, del Bembo, del Caro, e di altri tali che, dicano pur quanto vogliono, formeranno sempre la corona della nostra letteratura. Veramente io non so darmi ragione dello averci per così dire allontanati dalla conoscenza dei Trecentisti e del Machiavello. Forse di questo metteva paura il nome; ma se io non erro, nei Cinquecentisti non si apprendono come nei Trecentisti le forme schiette del dire, le locuzioni efficaci, e l'espressioni gagliarde. Io voglio allegarti a conforto della mia opinione un'autorità veramente singolarissima, quella del cardinale di Retz, uomo d'ingegno svegliato, il quale avrebbe molto meglio provveduto alla sua fama intendendo alle dotte discipline che alle inani turbolenze della Fronda.
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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze 1847
pagine 469 |
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