Come Platone racconta che fra le rughe del volto della sua Archeanassa vedeva annidarsi gli Amori, in quei solchi avresti potuto immaginare meglio appiattate le frodi intente a grassare qualche pensiero di umanità che inerme e solo si fosse avventurato a percorrere la via maestra o i viottoli di cotesta faccia paurosa. Dai cigli incavernati dardeggiava sguardi uguali alla lingua dell'aspide, e il riso ti pungeva come la lancetta del cerusico. Mi vinse la paura: il ribrezzo cominciò a salirmi di vertebra in vertebra lungo la spina dorsale fino al cervello; domandai non chi, ma che cosa costui fosse, e n'ebbi in risposta essere il presidente del filantropico istituto. Fidando poco nei miei nervi che sentivo torcermi, o tirarmi con acuto dolore, stavo per allontanarmi, quando egli alzò la mano e fece atto di favellare. Mi parve ch'ei m'inchiodasse, appunto come leggendo Hoffmann,o Lewis, o Maturino, volli talora gittare via il libro, e non potei, tenuto schiavo dalla potenza di coteste infernali immaginazioni. Angioli del paradiso, egli sta per parlare! Quale sarà il suono di cotesta voce! Che cosa mai parlerà! Che cosa? Il panegirico di Teuta? - e m'ingannai: - nota più dolce non fu mai sospirata dai flauti come gli uscì la voce dalle labbra bianche; - blanda si diffuse all'intorno uguale al susurro che gemono le acque marine nei plenilunii sereni intorno agli scogli, - melodiosa al pari del mormorio delle giovanette frondi tenere e verdi nate pur ora al fiato di primavera.
Signori, - cominciò egli - da me per certo voi non aspettate fiorito nè eloquente discorso: mancami all'uopo esercizio di buoni studi e conoscenza dell'arte difficile della parola; e dove l'uno e l'altra fossero in me, come pur troppo non sono, l'animo allo improvviso commosso da subita piena di affetto.
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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze 1847
pagine 469 |
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