- Cotesto esempio non sarà imitato: da Spartaco in poi non vissero più schiavi. - Perchè dunque, o come, si vorrebbero invidiare e seguire i destini del servo romano?
VIII.
Quando la morte ti aperse le mani, o Roma, il mondo sembrò che tornasse nella pristina confusione delle cose; come le foglie della Sibilla, terminato il responso. - Nel naufragio della civiltà, delle leggi, di una religione per bene cento secoli durata, peristi, e le rovine di tutta la terra ti furono portentoso sepolcro.
IX.
Dormi in pace, non agitarti dentro il sepolcro. - Encelado fulminato, potrai forse prorompere a modo di vulcano, ma non infrangere i fati che siedono sopra il tuo avello; nella guisa stessa che il Titano non può levarsi di sul petto la montagna di fuoco.
X.
E pure qualche volta, spettacolo di miseria e di spavento, lanciato in aria il coperchio della tua sepoltura, balzasti fuori col collo reciso brancolando pei campi dello universo in traccia di una testa conveniente per te.
XI.
Invano prendesti il capo degli Ottoni; invano quello dei re Longobardi; invano dei Carlovingi. - Troppo ti furono pesi quelli degli Svevi. - Giulio, Gregorio e Alessandro, sia che il volere li trattenesse, sia che il sacerdozio gl'impedisse, male seppero adattarsi il tuo elmo pesante. - I capi di un Doge, di un Gonfaloniere, di un Duca di Milano, apparvero troppo piccoli alle immani tue spalle. - Quietati! - Due furono teste che convenivano a te: una sta in Roma, e fu di Cesare; - l'altra stava in mezzo all'Oceano, - e fu di Napoleone; entrambi tuoi figli, - entrambi aliti della magnifica anima tua.
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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze 1847
pagine 469 |
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