XII.
Le antiche mura che ancor teme ed ama, E trema il mondo(39), andarono disperse in polvere per tutti i venti della terra, quasi cenere di parricida. - Roma insana di dolore si cacciò, come Catone, da se stessa le mani dentro le viscere, e le stracciò in brani, aborrente di sopravvivere ai suoi fati; - poi scese una grande adunanza di Barbari a flagellarla legata alla colonna, - a ferirla di lancia inchiodata sopra la croce della necessità(40), - e parvero eroi a cagione dell'agonia della nemica; - ancora, si assembrarono in numero infinito per vedere se fosse morta bene, e se bene stesse chiusa dentro il sepolcro, rompendo orribilmente il cadavere per assicurarsi meglio: - nè ciò bastando (chè la tomba stessa metteva spavento), si congregarono un'altra volta per seppellirne il sepolcro. - In verità, le ire della fortuna, la onnipotenza dei fati, e la paura dei popoli, hanno sepolto prima il cadavere, poi la sepoltura(41)!
XIII.
Avete mai veduto la fiammella scaturire da una fossa funerea, svolazzare per la campagna come vaga di cosa che non trova, e poi tornarsi delusa pellegrina a chiudersi nell'antica dimora? - Così, come a Dio piacque, sopra questa terra visse un poeta, il quale superato il tremito delle ossa, e lo spavento dell'anima, si cacciò dentro ai romani sepolcri: rovesciò tutti gli avelli, speculò tutte le urne, rimescolò le antiche ceneri, tentando se mai una favilla romana fosse rimasta per alimentare un fuoco nuovo. Dio di misericordia! - La Fortuna e Nemesi avevano conservato la lampada accesa dentro il sarcofago di Tullia, la figlia diletta del supremo oratore di Roma.
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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze 1847
pagine 469 |
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