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      E nonostante, assai più fatale dell'oblio nuoce l'altro peccato, che consiste nell'onorare gl'immeritevoli. - Nequissima turpitudine, comune a tutti i tempi, ai nostri poi miserabilmente speciale. Allora la virtù torce sconsolata lo sguardo dal mondo, e sopra questo si addensa una ecclissi dolorosa: le lacrime amare che le sgorgano dagli occhi si convertono in pioggia di desolazione quaggiù, ed a ragione; imperciocchè se il primo fatto nasce da oscitanza, il secondo poi deriva dalla offesa premeditata: nè difetto di debito ossequio percuote mai tanto quanto l'oltraggio manifesto.
      Però io desidererei che non si ponessero immagini ai vivi (specialmente se principi), e nemmeno ad avi di principi regnanti; conciossiachè la esperienza ammaestri come troppo spesso passioni non rette nè giuste possano persuadere oggi tale atto di cui ci pentiremo forse domani: e i principi virtuosi dovrebbero piuttosto meritare che desiderare una statua, e sapere che di tutte le lusingherie, pericolosissima è quella che li espone al voto delle presenti generazioni e delle future. Ed in quanto agli avi dei principi tuttora regnanti, il sospetto che dai trecconi si abbia in mira piuttosto di piaggiare il vivo che lodare il morto, dovrebbe persuadere il consiglio generale di rifiutare simili dimostrazioni, le quali non si nega che possano essere sincere, ma bisogna convenire che potrebbero ancora essere bugiarde; e la lode, assai più della moglie di Cesare, non ha da comparire sospetta. - A me sembra pertanto senno grandissimo quello che nella moderna Roma fece dettare la legge che vieta erigere simulacri ai Pontefici viventi, però che il popolo, talvolta insanendo, fu visto al tempo di sede vacante precipitarli nel Tevere.


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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1847 pagine 469

   





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