Egli ritratta gli uomini quali vivono e sentono, e non quali li ha fatti l'arte con certe sue regole statuarie. E se alcuno dicesse: ma a che giova la descrizione del grottesco, del tristo, e dello scellerato? A che giova? giova a farvi conoscere la umanità; giova a farvi conoscere le malattie che la travagliano, onde si possano con opportuni rimedii curarle. E badate bene a quello che io dico: se le lettere devono tornare utili agli uomini, devono ancora coraggiosamente imprendere tutto quanto è capace a partorire un simile effetto, e non ispaventarsi a perdere un poco di lindezza, e trattare ulcere e piaghe; se poi vogliono durare o diventare cose da museo, impagliate e messe in iscaffali, si ostinino a riprodurre una formula consumata. La formula deve sempre contenere le passioni e la sapienza dei tempi; quando i tempi superano i confini, allora conviene dilatarla; - ed oggi le passioni e le smanie del sapere mi paiono immense.
Ma qui mi fermo, perchè mi sento sospingere verso quei nuvoli ragionatori che io tanto aborro, e non mi voglio avviluppare senza filo pei laberinti dei ragionamenti e non ragionamenti, considerazioni e limitazioni, restrizioni, ampliazioni di tutti coloro che io battezzerei per legislatori delle cose di questo mondo e di quell'altro con lo inchiostro in cui tuffano la penna. E poi mi fermo, perchè chi fa orologi deve badare che le lancette segnino l'ora giusta senza arrovellarsi a dire quali e quante ruote egli adopri. Le prefazioni all'opere d'immaginazione mi paiono paracadute, come troppo spesso le opere a cui vanno aggiunte sono palloni volanti.
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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze 1847
pagine 469 |
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