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      Adesso mi prende vaghezza di raccontare un fatto, il quale siccome conferma mirabilmente le proposizioni enunciate, così ancora è fecondo di applicazioni efficaci. Sagunto, città alleata di Roma, si era mostrata in certa occasione infestissima ai Cartaginesi, i quali avendola presa in odio, le mossero guerra, e di aspro assedio la strinsero. I Saguntini ricorrendo per soccorso ai Romani, i mali orribili ai quali si trovano condotti riferiscono, la religione dell'amicizia e la santità dei patti invocano, Roma difendersi in Sagunto dimostrano; e tutto invano. I Romani (secondo narra la fama che per tre giorni agli Abderitani avvenisse) erano ebbri: non gli ascoltarono; immemori della consueta maestà, i concetti generosi obbliando, o sprezzando, dentro un infelice cerchio d'interesse momentaneo si costringono, si chiudono la porta del futuro, e con una parola miserabile l'arbore glorioso e trionfale, educato dal senno e dalla virtù degl'incliti capitani, sterilendo esclamarono: - l'oro e il sangue romani sono per Roma!
      Otto mesi interi l'assedio di Sagunto durava, quindi nella lunga agonia abbandonata periva. La morte rese immobili le labbra dei Saguntini, e non pertanto con bene altra voce che questa nostra non suona, i sepolcri proclamarono al mondo la infamia di Roma.
      Però presso i Romani non si trovò nessuno il quale o tanto amasse la perfidia, o tanto procedesse nemico al pudore, che asceso sopra i rostri così annunziasse la rovina della infelice città: - Quiriti, la pace regna in Sagunto!


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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1847 pagine 469

   





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