Fra gli aneliti della nostra agonia mescolarono truci sarcasmi: i nostri occhi gravi di morte mal potendosi sollevare al cielo, il quale pure si mostrava crucciato, furono costretti a vedere l'ammiccare schernitore delle loro bocche: i nostri orecchi, percossi da tintinnii funesti, se mai tornarono ad acquistare la facoltà dell'udito, non ascoltarono altro che rampogne e scede e motteggi obbrobriosi. - Noi miseri, e voi non felici!
Che se pensaste come per tutti venga il dies iræ, - e, come giunta l'ora, neanche al Figliuolo di Dio fosse dato rimuovere dalle sue labbra la bevanda, - assumereste spirito di carità, e deporreste la protervia insolente. - Insultava egli Mario a Cartagine? Vedetelo rovina di un uomo non inferiore alla rovina della emula di Roma: Mario sta seduto sopra un altare rovesciato, e pensa, con ispirito dimesso, come provincie e popoli e tempi e Numi si disfacciano sotto la forza prepotente del Fato.
E nonostante io domando perchè l'impero romano caduto commuove tanto perenne tesoro di vendetta, ed ingiuria? Perchè non si perseguitano con odio pari gl'imperii dei Faraoni, de' Tolomei, dei Califfi, e degli altri potenti della terra?
E mi sembra potermi rispondere con verità: Perchè l'Eterno non commetteva a verun popolo del mondo così magnifica opera come al romano, e a verun popolo mai egli affidava così gran parte d'intelligenza e di forza per bene eseguirla. Il popolo romano fu il mandatario più infedele della Provvidenza, quello che calpestò più ingrato maggiori doni di Dio.
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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze 1847
pagine 469 |
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