Tampoco vedeva lume, e l'affanno che lo travagliava grandissimo alzava con frequenza coperte e lenzuola: nonostante mi riconobbe alla voce, e subito vispo e lieto mi fece festa, come se non fosse stato mai infermo; mi stese la mano, e quantunque apparisse giallastra come cera vieta, serpeggiata da vene sporgenti colore di piombo e violetta verso la radice delle unghie - io gliela strinsi di cuore.... Però il madore freddo che n'emanava mi corse su doloroso pei nervi del braccio fino al gomito; - nelle viscere penetrò con prestezza elettrica: - era sudore di morte.
Ti vedo volentieri
- cominciò egli con voce alta dominando l'affanno e lo spasimo - "prima di andarmene: perchè adesso me ne vado davvero, e tu non puoi immaginarti con quanto inestimabile gusto."
Ed io, stringendogli un tal poco la mano, con suono più dolce che poteva ripresi: - "Ma come, Tonino mio, ci hai gusto lasciando vedova la moglie e orfano il fanciullo? Tu ora non pensavi a questo, Tonino mio?"
Anzi io ci pensavo ahora y siempre, oh poverini! E appunto perchè ci pensavo, io mi persuado morire opportunamente. Morire opportunamente! Francesco dopo la disgrazia che l'uomo ebbe di nascere, questo è il beneficio più grande che sortisse dai cieli. Mia moglie non ha bisogno di me, ed io troppo più che non conviene ho bisogno di lei: ella è capacissima a governare la casa, massaia ottima, adattata ad amministrare il patrimonio, ed io nulla. La età mia che sopravanza di molto la sua, e la infermità, e la indole strana sempre, adesso poi stranissima, mi hanno reso un vero impedimentum, come Giulio Cesare diceva dei carriaggi.
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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze 1847
pagine 469 |
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Tonino Tonino Giulio Cesare
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