Qui poco è bisogno di stalle, e dì e notte può vagare il bestiame a suo bell'agio pei prati. Edgardo re, dopo tre anni di caccia ostinata, narrasi che estirpasse i lupi dalla Inghilterra: qui, sia benignità di clima, che favorevole ad ogni cosa gentile torni infesto alle dannose, o che altro, questi feroci animali di rado o mai si fanno vedere. Affermano i geografi lo Xenil e il Douro, riviere della Spagna, capaci di guarire alcune malattie a cui vanno sottoposte le pecore, la qual cosa non ardisco approvare, e negare nemmeno, ma anche le nostre pianure sono liete di lavacri, che dai suoi gioghi a noi versa Appennino, e qui puranche si bevono chiare, fresche e dolci acque. Sono le coste propizie agli armenti, però che i vapori salini di cui si impregnano l'aria e le piante producono nei visceri degli animali un acido salutifero, e le Maremme, come ognun sa, per bene 50 miglia si sprolungano lungo la riva del mare. Nè in Maremma soltanto occorrono luoghi acconci alla coltura del Merino. Le parti montuose della Toscana, dove crescono gli alberi destinati alla costruzione, offrono eccellente pascolo alla coltura delle pecore, buona è la terra magra ed asciutta; l'umida e bassa buonissima, come quella che può fornire fieni onde nudrirli nei pochi giorni che non possono pascolare pe' prati. Lieve sarebbe tra noi la spesa di fabbricare una stalla per ricovrarle nel tempo in che punge rigido il vento, o in quello affannoso della canicola, dacchè abbastanza ci provvide il cielo di conveniente legname.
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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze 1847
pagine 469 |
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