Cosė, bene c'insegna Orazio, prima di Orfeo e di Omero, cosė avanti Agamennone e Achille, vissero poeti egregi e capitani famosi, di cui non ci pervenne dalla etā remota neppure il nome; e cosė infine prima di Giotto dipinsero uomini d'inclito ingegno andati in dimenticanza all'apparire di lui. Pensare, come taluni fanno, che avanti Giotto dipingesse Cimabue, e avanti Cimabue, tenebre profonde ingombrassero gli uomini, parmi concetto vano: dalla ignoranza assoluta a Giotto, corre tratto troppo pių lungo che da Giotto a Raffaello. Colui che primo piantō il trave maestro, adattandovi sopra travicelli cadenti, ebbe a meditare pių profondamente assai di Callimaco, che ridusse a capitello le foglie di acanto, e il cesto e il tegolo soprapposti alla fossa della vergine corintia. Nč le arti poterono mai rimanere spente in Italia, nč veramente lo furono. Come nelle altre cose tutte, nelle arti gli uomini ricordano unicamente quelli che molto bene o molto male loro apportarono, e i secondi pių presto dei primi. Corre per le bocche degli uomini celebrato Nerone meglio assai degli Antonini, e riesce ancora a considerarsi amarissimo come sogliansi distinguere i tempi, piuttosto che dalle prosperevoli, dalle infelici venture; onde sovente tu intendi favellare dell'anno della peste, della guerra e della fame; di rado, o non mai, dell'anno dell'abbondanza, della pace e della salute. E ritornando a favellare su l'arte, due maniere di uomini qui udimmo andare ricordati: coloro che la incamminavano all'altezza suprema, e gli altri che la inchinano alla decadenza; Giotto quindi e Michelangiolo, Donatello e il Bernino; e Michelangiolo e il Bernino, dai quali lo scadimento incomincia, quantunque ingegni maravigliosi si fossero, pių largamente si lodano di Donatello e di Giotto.
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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze 1847
pagine 469 |
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