La seconda negli angioletti quasi che nani in proporzione delle figure principali.
Quando gli uomini non seppero concepire la Divinità spiritualmente sublime, la ritrassero materialmente smisurata; e noi vediamo in questo i Greci antichi, comunque trovatori di ogni più esquisita maniera di bello, andare errati come gli artefici dei grossi mosaici bizantini. I primi ritrassero Giove di statura assai maggiore agli altri Dei consueti, e i secondi effigiarono Cristo su per le volte dei tempii immane per grandezza di forme in proporzione delle figure che gli posero al fianco. Non senza sorriso in alcune terre dei Della Robbia mi è venuto fatto osservare una Nostra Donna dentro il suo manto accogliere una popolazione di devoti incappati, non altrimenti che la favola racconta Ercole chiudesse nella pelle del leone infinito numero di pimmei.
La mia fortuna mi serbò tanto onore da assistere negli anni andati a certo colloquio tra un filosofo scienziato, e letterato d'ingegno rarissimo, oggi defunto, e un pittore che tuttavia sostiene la gloria del nome italiano. Insisteva il primo affinchè il secondo dichiarasse chi, se quegli ch'era non fosse, avrebbe prescelto essere degli antichi maestri famosi nell'arte. A cui il pittore rispondeva: quegli che concepì la idea di effigiare Dio, trascorrente nella sua solitaria grandezza lo spazio infinito dei cieli, con braccia aperte in atto di sospendervi con la man destra il sole, con la sinistra la luce!
La poesia peccò come l'arte. Omero presenta Nettuno, che dipartendosi da Samo in quattro passi giunge ad Ega, il che fa poco meno di un grado per passo, come si prende cura di informarci il Pope; e in altre parti, Minerva, che si pone sul capo la celata capace di cuoprire i fanti di cento città, e il carro di Giunone che con un salto degl'immortali destrieri arriva al finimondo, sicchè con un altro salto (nota irridendo il Perrault) non si sa dove mai sarebbe capitata la figlia di Saturno.
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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze 1847
pagine 469 |
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