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      A me sembra non potersi avvertire abbastanza la seguente verità: che le cose belle pei supremi intelletti non corrispondono punto a lavori, ma ad altrettanti emanazioni facilissime e spontanee. - Però, malgrado i ragionamenti esposti fin qui, sebbene io non creda che le lezioni del Perugino creassero la intelligenza dello Urbinate, pure di leggieri concedo che da lui meglio che da altri egli ricavasse copia d'ispirazioni per arrivare alla eccellenza dell'arte, di cui terrà (e non fie vano lo auspicio) eternamente la prima sede.
      E forse anche potrebbe riuscire vano lo auspicio, quante volte ci facciamo a considerare come se Raffaello non veniva al mondo, appena ci saremmo persuasi che il Perugino potesse andare superato nella poesia del concetto, nella tenerezza delle passioni, nella soavità delle forme, nei sobrii colori, nel magistero del disegno, e in ogni altra di quelle parti che costituiscono il valentissimo dipintore.
      Porge testimonianza di questo la Tavola che ho impreso a illustrare. Consideriamola attentamente, imperciocchè coteste opere, come il Montesquieu diceva del carattere di Alessandro Magno, meritino essere esaminate a grande agio.
      La Regina del dolore si presenta in mezzo al quadro, e tiene in grembo il suo figliuolo Gesù, deposto pure ora dalla Croce, sostenuto dal capo da un Santo, che io credo Santo Iacopo, e dai piedi dalla Maddalena: un poco più indietro compariscono un vecchio, dalla parte della Maddalena, e dalla parte di Santo Iacopo, San Giovanni, Tutta la composizione spira una mestizia profonda, eppure tranquilla solennemente; un dolore che commuove le tue viscere umane, e che pure non sembra cosa terrena.


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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1847 pagine 469

   





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