Il secolo venale in tutte le cose pretende patti chiari e patti avanti, e le passioni pił nobili sono calcolate alla ragione del sei per cento all'anno. Tuttogiorno intendiamo il rimprovero, a noi, moderni, non esser mai riuscito di aggiungere l'eccellenza nell'arte dei nostri padri; ma qual potente adesso manderebbe, come papa Giulio II, cinque corrieri e tre Brevi alla Signoria di Firenze per indurre il Buonarroti a tornarsi in corte di Roma? e se lo incontrasse, come a lui accadde, a mezzo cammino, gli parlerebbe: "Poichč tu non sei venuto a trovar noi, noi siamo venuti a trovar te;" e minaccerebbe in questo modo un cortigiano che volle scusare Michelangiolo chiamandolo ignorante: "Tu gli di' villanģa che non diciamo noi: lo ignorante e lo sciagurato sei tu e non egli: levamiti dinanzi in tua malora!" e cotesto cortigiano era vescovo! - Bei tempi quelli dei nostri padri per le arti! Leone X, assunto al grado supremo dell'umano potere, con pubblico editto dichiarava essere suo intendimento le arti come altissimo mezzo di civiltą, e parte sostanziale di ottimo governo, con ogni suo studio sovvenire. Allora non principe, non gentiluomo, non monastero di frati o di monache, non semplice mercante occorreva, il quale consentisse a starsi privo di un qualche dipinto, di una qualche scoltura di artefici valorosi. Perfino nei cuori feroci della gente data ai ladronecci ed al sangue, capiva il soave talento delle belle arti, e quel Ramazzotto da Scaricalasino, masnadiero, ebbe vaghezza di fabbricare in Bologna un tempio, e con ornati di ogni maniera decorarlo.
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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze 1847
pagine 469 |
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